Le aziende turche alla prova del KKDIK

Articolo a firma di Vanessa Alberti, Senior Regulatory Affairs Consultant, di KAHLBERG Consulting


ultimo aggiornamento 08/07/2021
A un’Europa sempre più attenta alla sostenibilità ambientale, proiettata al futuro industriale con regole stringenti per la salute delle persone e del pianeta, guardano anche Paesi attualmente ancora ai bordi della grande famiglia europea. Uno di questi è la Turchia. Conditio sine qua non per il suo ingresso è, tra le altre cose, proprio l’allineamento con i regolamenti vigenti in ambito chimico. 
 
La Turchia ha individuato la strada di un proprio regolamento, chiamato KKDIK, o Turkish REACH, per conoscere le sostanze che circolano nel mercato turco con l’analisi delle loro proprietà chimico fisiche, tossicologiche ed eco-tossicologiche in modo da definirne le modalità per un utilizzo sicuro.  
 
Si sta parlando di un cambiamento epocale, per la realtà turca, in cui le aziende sono chiamate a confrontarsi con nuovi concetti, ruoli e obblighi non esistenti sino a poco tempo fa. 
 
Il KKDIK ha una doppia valenza, dunque doppi risvolti operativi
Da una parte vi sono le aziende dell’Unione Europea con business in Turchia che devono affrontare un nuovo regolamento che, anche se simile al REACH, richiede uno specifico investimento di risorse. Dall’altra parte vi sono le aziende turche attive sul territorio, che devono rivoluzionare il modo di lavorare con conseguente aumento dei costi. Il tutto è “condito” da una buona quantità di confusione, la stessa che albergò in tutte le aziende di fronte all’avvio del REACH Europeo più di dieci anni fa.
 
Una serie di specifiche complicano il quadro: tra queste, per esempio, il fatto che solo le aziende con sede in Turchia e personale di nazionalità turca abbiano accesso al Sistema online per la registrazione delle sostanze. Tutte le altre possono chiedere ai loro importatori di svolgere gli obblighi, oppure possono nominare un loro Only Representative turco che si occupi delle pre-registrazioni mantenendo in questo modo il pieno controllo del mercato: decisioni strategiche da prendere, velocemente e bene, su un terreno molto poco conosciuto. 
 
A differenza del REACH Europeo e dello UK REACH, non sono state previste scadenze intermedie per le registrazioni: tutti i dossier, indipendentemente dal loro tonnellaggio e classificazione, dovranno essere inviati entro il 31 dicembre 2023. O si arriva a questa data pronti, o si esce dal mercato. Infine, vi sono i problemi linguistici: si pensi al fatto che i dossier dovranno essere inseriti nel sistema on line in lingua turca.

Dietro a quelli che paiono unicamente adempimenti burocratici vi sono importanti implicazioni di business, che le aziende non sempre considerano, e che invece un attento consulente deve assolutamente richiamare all’ordine. 
 
Innanzitutto, vi è la variabile “tempo”. Come accennato, l’unica scadenza prevista per inviare tutte le registrazioni, indipendentemente dal tonnellaggio, è solo apparentemente lontana. In realtà è praticamente già qui, considerata la complessità dell’argomento. Per questo è necessario partire al più presto, per anticipare eventuali problemi e arrivare pronti alla scadenza finale, per continuare il business senza incorrere in stop forzati, con perdita di denaro correlata.
 
Una seconda implicazione: alcune aziende potrebbero decidere di bypassare l’argomento compliance e non adeguarsi al KKDIK, perché magari impegnate in altre attività o perché erroneamente consigliate. In questo caso le conseguenze sarebbero negative, da tutti i punti di vista. A livello di business: saranno i clienti stessi a chiedere informazioni sulla compliance KKDIK dei prodotti che acquistano. Come si può competere sul mercato con altri fornitori che sono compliant? 
 
A livello di verifiche: le autorità controllerebbero i dossier e in caso di non correttezza sarebbero richiesti nuovi test, con nuovi costi. A livello di multe, dunque di sanzioni pecuniarie: ad oggi il decreto sanzioni non è ancora stato pubblicato in Turchia, ma lo si immagina simile a quello europeo, per cui molto oneroso economicamente. Sopra a tutto: essere compliant significa, per le aziende, anche lanciare un messaggio forte di serietà al mercato, a livello di immagine e di reputation.
 
Potranno, le aziende, provare la strada del “fai-da-te” per l’adeguamento al KKDIK? 
La risposta è no, per la maggior parte delle realtà.
Seguire i regolamenti relativi ai chemical prevede infatti la conoscenza di nozioni specifiche che non è detto siano in possesso delle aziende. Affrontare una registrazione KKDIK è un processo complesso in cui si intersecano know-how differenti, dalla chimica analitica alla tossicologia, alla conoscenza dei software e dei dati da presentare per inviare un dossier compliant, senza considerare la presenza di una strategia volta a diminuire i costi. Ecco perché il ruolo di un consulente è essenziale. Solo un consulente molto strutturato, infatti, riesce a muoversi nei meandri della normativa e della compilazione efficace dei dossier e a individuare la strategia più idonea per ogni cliente.